
Punto di incontro è un’associazione culturale che ha l’obiettivo di favorire luoghi di confronto e di dialogo. Ciò presuppone che questi luoghi manchino, e secondo noi è così. Oppure, se vogliamo essere ottimisti, che questi luoghi culturali sono molto rari.
Prendiamo i luoghi di incontro della città, sono ormai quasi tutti luoghi di consumo piuttosto che di incontro culturale, se un locale ha una musica troppo alta non si può parlare ma si può comunque bere e mangiare. Forse parlare di meno e mangiare di più sono gli attuali slogan del presente che noi vorremmo passati.
Ma anche parlare troppo è un difetto, delle volte, quando tutto diventa una professione, anche il parlare è diventato un parlare da professionisti: uno che parla e gli altri a bere e mangiare, o a fotografare, che divertimento. Se vai a proporre una serie di incontri a un centro culturale ormai quel che vogliono sapere da te è quante persone porterai a bere e mangiare da loro, del tuo progetto non frega niente più a nessuno, si tratta di sopravvivenza, ti dicono, di resilienza.
E re-silenziamo allora, riportiamo il silenzio nei nostri territori? Che non fa male, rimanere zitti, diciamo. Tuttavia ora è il momento di incontrarci e di conoscerci, e se uno vuol portare da casa un panino con la mortadella e una birra, certo non saremo noi a svenire dalla disapprovazione.
E non ci va neanche di buttare a mare i luoghi digitali, fin troppo facili prede per aziende multinazionali, che hanno imparato bene a costruire spazi in cui gli utenti (come si è solito definire) si vomitano idee riciclate (o forse fotocopiate) addosso, gli uni sugli altri. Noi ci chiediamo, perché lasciare questi spazi a loro? Noi poveri illusi che immaginavamo il web come spazio per la cultura libera, per lo scambio di conoscenza. Che ti serve? Un chilo di conoscenza? No signore, ha sbagliato, il negozio che vende conoscenza è quello a fianco, noi ci sediamo e ne parliamo. Hai fretta? Allora non siamo adatti, non abbiamo il prodotto o il servizio che fa per te.
Ci sono degli argomenti che preferiamo più di altri, perché su questi si dovrà ricostruire l’intero tessuto (patto) sociale: il lavoro, partendo dal valore del progettare e costruire insieme, non dal valore della busta paga o dal valore milionario degli imprenditori seriali; poi l’ambiente, non come concetto astratto ma come territorio in cui viviamo; la cultura, intesa come cultura del dialogo e non dell’intrattenimento. Infine la comunicazione, compresa quella digitale, ormai persa in quel labirinto dove le scorciatoie non funzionano, come non funziona urlare o prendersela con gli altri compagni intrappolati.